L’Institute of Making (Londra) è un hub per la sperimentazione multidisciplinare: dalle molecole più piccole alle strutture enormi, dai processi e le tecnologie all’avanguardia all’artigianato e alle tecniche antiche. Attraverso conferenze, corsi di perfezionamento ed eventi pubblici curati in modo creativo, l’Institute of Making esplora i legami tra la ricerca accademica e l’esperienza pratica, celebrando la “gioia pura delle cose”.

L’Institute of Making è stato aperto a marzo 2013 presso l’University College of London (UCL), con l’obiettivo di trasformare una biblioteca “sonnacchiosa” in un’entità più dinamica in grado di valorizzare i materiali e di favorire l’atto di fare. L’obiettivo è stato raggiunto grazie alla creazione di uno spazio che incoraggia il gioco, la ricerca e lo sviluppo personale attraverso attività multidisciplinari rivolte alle comunità di insegnamento e di ricerca dalla UCL.  Un’officina completamente attrezzata con macchinari per la formazione tecnica e una vasta collezione di materiali ispirano e sopportano la sperimentazione e l’apprendimento. Aperto a tutti i membri dello staff e agli studenti della UCL, la comunità di Institute of Making conta oggi più di 2600 persone. Un mix eclettico di persone provenienti da discipline differenti (professionisti dell’università, personale amministrativo, ricercatori e studenti) lavorano fianco a fianco in un processo che porta insieme il mondo delle arti, della letteratura e dell’antropologia con la scienza, l’ingegneria e l’architettura.

Pieno di campioni, artefatti e frammenti raccolti da tutto il mondo, l’ingresso dell’istituto attira l’attenzione immediatamente. Questa ex biblioteca dei materiali si è “scrollata” di dosso il “mantello da museo polveroso” per diventare uno spazio per alcuni dei materiali più affascinanti sulla terra – dagli aerogel (la sostanza più leggera al mondo, inventata dalla NASA per catturare la polvere spaziale) ai pesci zebra (che possono rigenerare tessuti e cellule dopo il danno) al carbone e alla super-colla. Tutti questi strani materiali sono stati riuniti qui per la loro capacità di “accendere l’immaginazione e far progredire la concettualizzazione di nuove esperienze”. Zoe Laughlin, co-fondatrice e direttrice creativa dell’Istitute of Making, proviene dal mondo delle arti. Ha dato avvio a questo spazio poiché desiderava condividere la passione che lei stessa aveva provato quando è entrata in contatto per la prima volta con una sostanza che l’ha fatta stupire: “Ero abituato a fare cose e a lavorare con i materiali. Ma quando uno scienziato dei materiali mi ha mostrato l’aerogel, ho capito che anche se in realtà non potevo fare nulla con esso, è comunque un materiale davvero affascinante e quello che posso fare io è comunicare la sua storia “. Quindi, Laughlin ha deciso di creare un luogo in cui specialisti provenienti da tutte le discipline possano vedere, toccare, sperimentare e discutere attorno l’esperienza e le conoscenze acquisite dall’interazione con i materiali.

In un periodo storico nel quale la tecnologia sostituisce sempre di più le pratiche manifatturiere e i nostri mondi diventano sempre più virtuali, Laughlin e il suo team di lavoro si pongono dunque l’obiettivo di riconnetterci con le cose. Storicamente, c’è stata sempre una forte relazione tra cultura e materiali – relazione dimostrata anche dalle denominazioni date alle civiltà: l’età della pietra, l’età del bronzo e l’età del ferro, mentre il ventunesimo secolo viene spesso indicato come l’era del silicio. I materiali e le comunità di pratica che li trasformano in oggetti e tecnologie sono dunque una parte della società con effetti storici, culturali ed economici di vasta portata. Tuttavia, come spiega Laughlin, nonostante la loro co-dipendenza, la ricerca sui materiali e le comunità di pratica vengono raramente riunite all’interno delle università: “Gli scienziati coinvolti nella progettazione di nuovi materiali (i fisici, i chimici, gli scienziati dei materiali) sono separati da coloro che studiano la cultura, l’importanza ambientale e l’impatto dei materiali (come per esempio studiosi di scienze umane e di scienze sociali) e ancor di più separati da coloro che realizzano oggetti e tecnologie con questi materiali (medici, ingegneri, architetti, designer, artisti – anche essi stessi separati l’uno dall’altro da confini disciplinari) “. L’Institute of Making cerca di affrontare questo problema creando un luogo che non appartiene esclusivamente a una disciplina accademica, ma è aperto a tutti, incoraggiando le conversazioni trans-disciplinari.

Più che una semplice biblioteca dei materiali, l’Institute of Making è una “casa creativa” in cui innovare, contemplare e comprendere tutte le particolarità dei materiali e un luogo stimolante per esplorare il loro rapporto con il fare. Oltre alla collezione dei materiali, c’è il MakeSpace, un laboratorio in cui i membri e gli ospiti possono creare, rompere, progettare e combinare strumenti, tecniche e materiali avanzati o tradizionali. In qualsiasi momento potresti trovare: un professore di informatica che usa un taglio laser per riparare un robot utilizzato per insegnare; uno studente di lingue che utilizza la biblioteca dei materiali per un progetto sugli adesivi; uno studente di architettura che trascorre un’intera settimana a costruire una turbina eolica mentre impara le competenze elettroniche da un collega che sta costruendo un orologio; o una serie tematica di eventi sul “carbone” in cui le persone possono tostare i marshmallows (imparando la scienza dietro questo processo), scoprire la differenza tra diverse varietà di carbone ed esaminare l’impronta di carbonio risultata dall’acquisto di prodotti di provenienza locale .

Uno degli aspetti più importanti della filosofia del luogo è che non esiste una gerarchia delle attività che si svolgono qui. Il ruolo dell’Istitute of Making è quello di supportare in maniera uguale sia le persone che imparano i fondamenti che quelli interessati alle tecniche di produzione più contemporanee, come la stampa 3D o il taglio laser. Allo stesso modo, anche la biblioteca dei materiali non si concentra esclusivamente sui materiali nuovi o insoliti, ma anche su quelli più “banali”.

La missione centrale dell’Institute of Making è quella di far sentire le persone al loro agio nel provare nuove cose e di trasmettere loro i benefici dell’esplorazione creativa e pratica. “Vogliamo incoraggiare le persone a passare dal semplice contemplare un campione di un materiale al comprenderlo attraverso la sperimentazione diretta nella zona MakeSpace”, spiega Laughlin. Una strategia per creare uno spazio fisico per la condivisione tra persone provenienti da discipline differenti e per la creazione di una comunità di apprendimento.

La popolarità e il successo dell’Institute of Making sono testimoniati dall’intensa partecipazione agli eventi, dai social media che sono appassionatamente seguiti e dall’interesse delle televisioni nel promuovere le attività dell’istituto. Naturalmente, le risorse sono limitate, e quindi tutte le attività sono strettamente curate e gestite. Il team dell’Institute of Making (formato da una decina di persone) si assicura che la struttura e le attività siano sicure e ben curate e che tutti i membri godano di un accesso equo alla sperimentazione e all’apprendimento.

Tratto dal libro “Spaces for innovation: The design and science of inspiring environments” di Kursty Groves e Oliver Marlow, Ed. Frame Pub (2016).

3 commenti su “Da biblioteca “sonnacchiosa” a spazio per la creatività: The Institute of Making”

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